domenica 13 giugno 2010

La sindrome dell'emigrante

Sono giunto a questo teorema dopo ormai 3 anni che vivo qua, dopo alcune discussioni con altre persone sulla "mia stessa barca", e dopo una specie di conferenza a cui ho assistito una volta vicino a Copenhagen riguardo i cosiddetti "expatriates". Gli expatriate sono coloro che si spostano per lavoro, possibilmente con la famiglia. Lontani anni luce dai nostri connazionali con la valigia di cartone che partirono per terre lontane. Qua si tratta di ingegneri, managers, dottori etc..

Comunque. E' stato dimostrato, o forse è stata condotta un' indagine su quelli che sono i "tipici" sintomi di una persona che vive all'estero (da almeno 1-2 anni). Questa che segue è la mia interpretazione.

Si inizia con una fase di estasi. Molte cose sembrano migliori di quello a cui si era abituati "a casa", così come i comportamente della gente, e altri fattori a seconda ovviamente di quale nazione stiamo parlando. Dura all' incirca meno di 1 anno.

Devo ammettere che è stato così anche per me. Soprattutto durante il mio erasmus in Danimarca ero impressionato da questa nazione, da questa cittadina e dai suoi abitanti. Tutto era rose e fiori. La gente gentile e cordiale per strada, bambini che raccoglievano le margherite nei prati, giovani fidanzati che insieme andavano lungo il fiordo sui rollerblade, tenendosi per mano etc...

La seconda fase la potremmo chiamare, "il risveglio". Ci si inizia a rendere conto di dove si è capitati, si iniziano a riscontrare i primi difetti del posto, del sistema in generale. Si è un pochino abbattutti, perchè l' idillio è terminato, anche se l'estasi continua, ma gradatamente scende.

Vero anche questo. Forse il mio idillio ha iniziato ad incrinarsi quando ho visto persone gettare cartacce x terra, o altri tenera l' auto accesa senza motivo....vi ricordate il post? (http://fugadeicervelli.blogspot.com/2007/10/pctaimsaml-day.html)

Si arriva poi allo "scontro culturale". Le cose che non si sopportano diventano troppe, si esagera addirittura. Magari cosucce da niente, o a cui nemmeno si badava, diventano ora un fastidio insormontabile. Si inizia a rimpiangere la madre patria, qualunque essa sia. DImenticandosi di pregi e difetti, anzi inizia per assurdo una fase di estasi all' incontrario x la madre patria!!!

Sono entrato in questa fase quando, una volta entrato in fase 2(il risveglio), guardandomi in giro, e abbattutto dalla mancanza di stile nel vestire di alcuni, ho iniziato a rimpiangere addirittura i cosiddetti "fighetti" da discoteca italiani! si lo so...è piuttosto triste... :DDD

Arriviamo ora ad una fase, che per alcuni può essere considerata l'ultima, perchè o la si supera e si accettano le cose così come sono, o si fan le valigie e si torna a casa. La fase del "soliloquio". Ho deciso di chiamarla così perchè sostanzialmente sei tu che devi parlare con te stesso in maniera onesta e dirti: "ok, qui siamo e qui stiamo vivendo al momento; a cosa cavolo serve criticare a rimpiangere da dove vieni? e si sa, che la distanza fa apparire tutto + bello, come un/una miope che vede una/uno bruttino/a da lontano...

Dove sono io?

Mah, forse ho iniziato l' altro ieri il soliloquio o forse no. Sono in una fase transitoria direi, tra la critica e l'accettazione, allo scopo di trovare un attimo di stabilità, anche per puro quieto vivere direi!

E' sempre bene non sputare nel piatto dove si mangia, e nemmeno (ora sto vaneggiando) "fare la scarpetta" nel piatto dove si era sputato...Forse anche x questo avevo scritto quella serie di post "To be or not to be Danish" volume 1 e 2. Si trattava sostanzialmente di una riflessione a voce alta (o meglio "riflessione tramite lettere") sul mio IO ed a che punto ero/sono!

Vediamo se, ma soprattutto come, continuerà il mio soliloquio...

1 commento:

La Scuola Toscana ha detto...

la fase successiva, luca, è quella della nostalgia del proprio paese, idealizzato a dismisura. personalmente in questa fase ho davvero fatto il passo, ho lasciato dopo 14 anni la germania e sono tornata qui. per accorgermi dopo 2 anni che non appartengo ne qui ne lì, bensì ad una terra di mezzo inesistente, ma che dovendo scegliere, adesso che conosco entrambe le realtà da dentro, preferisco il grande nord. e così si riparte...